Tra l’ansia del tempo perso e quella del tempo troppo pieno

A Educa una riflessione sul tempo di educare a scuola, nel tempo libero e in famiglia

A scuola, nel tempo libero e in famiglia. A EDUCA tre appuntamenti in successione, uniti tra loro dal monologo teatrale di Fabio Filosofi, hanno approfondito attraverso contributi scientifici ma anche buone pratiche, il tempo di educare nei diversi contesti. A partire dalla scuola, dove iI tempo somiglia ai turni delle fabbriche di metà Ottocento: allora c’erano le sirene, oggi le campanelle.

Il calendario scolastico, l’orario rigido delle lezioni, la suddivisione delle discipline in unità temporali minime non sono più attuali perché i tempi di apprendimento degli studenti sono diversi: «una scuola pensata uguale per tutti gli studenti inizia ad essere una scuola inadeguata». Così Paolo Pendenza, dirigente scolastico, ha introdotto l’incontro con Marco Franceschini, vicedirettore dell’Istituto Artigianelli di Trento; Elena Mosa e Lorenza Orlandini di Indire; Elena Trainotti del Liceo Steam International, per dimostrare che una nuova idea di scuola è possibile e gli esempi virtuosi di realtà che hanno ripensato creativamente la scuola non mancano. Iniziando dal Manifesto delle Avanguardie Educative di Indire: su 1.500 scuole coinvolte in 10 anni, 263 hanno adottato l’idea dell’uso flessibile del tempo scuola intervenendo sulla dimensione temporale, compattando e accorpando gli orari, riducendo l’ora di lezione, perché «non è sempre la quantità di ore a fare la differenza», come hanno sottolineato Mosa e Orlandini. L’Istituto Artigianelli per le Arti Grafiche di Trento ha adottato un impianto modulare con divisione a corsi trimestrali (base, opzionali, personalizzati, aziendali). Non ci sono più le materie e le classi, è stata abolita la campanella. Il tempo è flessibile e strutturato a moduli, lasciando agli studenti il tempo per il recupero, il benessere e quello che va oltre la scuola. Al Liceo Steam International Science Technology Engineering Arts Mathematics di Rovereto, il tempo scuola è espanso (5 giorni alla settimana per 7 ore al giorno), ma strutturato con l’introduzione dell’Action Learning Lab, la sospensione delle lezioni. Per 2 settimane, ogni trimestre, per 3 volte in un anno scolastico, gli studenti partecipano alla sfida progettuale lanciata dalle aziende coinvolte: attraverso il lavoro di gruppo vengono chiamati a rispondere alle esigenze e richieste delle imprese, intersecando così le discipline, imparando il lavoro di squadra, l’autonomia e a gestire il tempo.

Mentre la scuola si interroga sulla gestione del tempo, le famiglie si chiedono come gestire il tempo quando la scuola non c’è, come nel periodo estivo. La conciliazione vita/lavoro, il summer learning loss cioè la perdita di apprendimento estivo e l’inclusione sono i temi affrontati dal successivo incontro moderato da Anna Serbati, docente di Didattica al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento; con Martina Bazzoli, ricercatrice IRVAPP e Barbara Romano, Fondazione Agnelli; Sonia Pedergnana della Cooperativa La Coccinella; Michela Schenetti, professoressa al Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna. Oltre il dibattito sollevato dalla petizione per ridurre la pausa estiva e il decreto del ministero dell’Istruzione che permette alle scuole primarie e secondarie di I grado di realizzare attività formative e ricreative da giugno a settembre, sono stati presentati due programmi estivi che garantiscono un’accessibilità estesa. Il primo della Cooperativa trentina La Coccinella che considera l’educazione all’aperto come opportunità per creare spazi, luoghi e relazioni che sviluppano una dimensione culturale e sociale inclusiva. Il secondo del Progetto Arcipelago Educativo – voluto, organizzato annualmente dal 2020, progettato e co-finanziato da Fondazione Agnelli – che nell’ultimo anno ha coinvolto 540 bambini (il 43% minori con un background migratorio) di 38 scuole di 8 città italiane in territori carenti o privi di opportunità educative e ricreative accessibili. Le attività laboratoriali e ludiche, le iniziative di outdoor education e il tutoraggio personalizzato hanno dimostrato, secondo la valutazione di impatto indipendente realizzata dall’IRVAPP, l’efficacia dell’azione di contrasto alla perdita di apprendimenti, di sostegno al suo recupero, di rinforzo della motivazione allo studio.

La gestione del tempo libero si inserisce nelle difficoltà dei genitori che vivono una vita di corsa in cui si accumulano i dubbi e le domande su come gestire le relazioni con i figli, come accompagnarli nel percorso di crescita. Nella ricerca di risposte da parte di padri e madri, le reti famigliari e di prossimità di un tempo sono spesso sostituite da Internet e dai social. Quali sono i rischi di questa nuova genitorialità è stato il tema dell’ultimo incontro con Marco Crepaldi, presidente fondatore dell’associazione nazionale Hikikomori; Michele Marangi, docente di Tecnologie dell’Istruzione e dell’apprendimento e Peer & Media Education dell’Università Cattolica di Milano; Paola Venuti, prorettrice alla Didattica dell’Università degli Studi di Trento; moderato da Simona De Falco, professoressa associata di Psicologia dinamica all’Università di Trento.

«Il tempo della macchina non è un tempo umano»: ha esordito Michele Marangi. Perché il digitale vive su tre parole: tutto, sempre, subito. Nel fenomeno conosciuto come Hikikomori di isolamento sociale giovanile si vive “l’ansia del tempo perso”. «Il tempo libero è carico di aspettative – ha sottolineato Marco Crepaldi – che i ragazzi hanno l’impressione di non riuscire a gestire, passando da un tempo strutturato e cadenzato a un tempo destrutturato. Il tempo dei social va a una velocità diversa e viene usato per coprire i tempi morti perché l’annoiarsi è un tempo che genera ansia. La stimolazione che si ha online non la si ritrova nella via reale e da qui nasce il malessere. I genitori hanno una visione trasfigurata del tempo educativo che genera l’incapacità del figlio di diventare adulto». Educare però non significa insegnare. «La società è cambiata e sta snaturando il ruolo educativo del genitore – ha sostenuto Paola Venuti -. Un tempo a tavola si parlava, la tv era spenta, ma sono le condizioni di vita che ci fanno oggi usare la tv e il cellulare per non essere soli. C’è poco tempo per una vita che non sia lavorativa, manca il tempo del divertimento e della parola. È necessario che la società sostenga il ruolo genitoriale che cura, protegge, fa sperimentare al figlio le proprie capacità, regala, limita e condivide».

EDUCA è promosso da Provincia autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento e Comune di Rovereto, organizzato da Consolida con la supervisione per la formazione di Iprase, il supporto scientifico di Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Demarchi e il sostegno di Federazione Trentina della Cooperazione, Casse Rurali Trentine e Coop Trentino Sait. Direzione parte artistica: ImpactHub Trentino.  

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