La fatica di vivere il tempo

Al Festival Educa la presentazione di due indagini sul valore del tempo per gli studenti e gli insegnanti

“Se imparo cose che non mi servono a niente, è una perdita di tempo”. All’85% degli studenti coinvolti nella ricerca condotta da ODFLab Università degli Studi di Trento in collaborazione con il progetto “Fuoricentro Comunità che educa” della Fondazione trentina del volontariato, sembra di non avere abbastanza tempo. Perché il tempo viene scandito in termini di produttività: i giovani dal 14 ai 19 anni provano un senso di colpa (45%) se si perde tempo “inutilmente”; i ragazzi dagli 11 al 13 anni hanno la sensazione di avere poco tempo e di perderne quando non è utile; per i bambini dai 6 ai 10 anni è importante occupare il tempo con il movimento fisico (30%) e le attività in compagnia (33,8%).  

L’indagine, presentata al Festival Educa, è stata condotta su 500 studenti del Trentino: 15 classi di circa 250 ragazzi tra 6 e 10 anni, 5 classi di circa 45 ragazzi tra gli 11 e i 14 anni e 10 classi di 200 studenti tra i 14 e i 19 anni, attraverso il metodo di conversazione informale. Quello che emerge è la fatica di vivere il tempo e il tema della sua utilità nella direzione di una prospettiva quantitativa misurabile in termini di produttività. Il 70% degli studenti della scuola secondaria di I grado ha la sensazione di perdere tempo, soprattutto quando non fa qualcosa di utile (40%). Il 40% dei ragazzi della scuola secondaria di II grado ritiene una perdita di tempo i social, le serie tv e la musica. “Mentre fai una cosa che ti piace, qualcosa che piace a me, che non è niente di concreto, che non aiuta la scuola… Ti sembra di aver sprecato tempo, tipo io suono la chitarra da quando ho 6 anni, però sto smettendo perché non è una roba che serve nella vita”. Ne viene fuori, quindi, una visione cupa: i giovani sentono che gli adulti non credono in loro e non si sentono supportati nel perseguire le loro ambizioni. Il tempo, che ritengono impossibile da definire, è un tempo che fagocita visti i ritmi accelerati che non tutti riescono a seguire, portando dunque ad un potenziale isolamento. “Io sento che il mondo va più veloce rispetto a me, il tempo è più schematico e veloce e non mi dà molto spazio per la mente. Quindi io tendo a non fare più niente e starmene a casa”. Sentono poi il bisogno di andare oltre la didattica tradizionale verso una didattica partecipativa.

Quella pratica di insegnamento che rientra nel campo dell’attivazione cognitiva, importante per la qualità dell’insegnamento anche se più difficile da implementare in classe. Sul benessere a scuola degli insegnanti, è stata realizzata da Iprase un’indagine su 1.682 docenti nel periodo 2019-2024 attraverso il questionario di autoriflessione basato su TALIS (Teaching and Learning International Survey). Quello che emerge è chiaro: al crescere dell’età degli studenti aumenta il tempo effettivo di insegnamento, su cui influisce anche la dimensione della classe. L’attività amministrativa è associata a livelli più alti di stress legati al lavoro. Il benessere a scuola è influenzato anche dalla collaborazione tra gli insegnanti.

EDUCA è promosso da Provincia autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento e Comune di Rovereto, organizzato da Consolida con la supervisione per la formazione di Iprase, il supporto scientifico di Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Demarchi e il sostegno di Federazione Trentina della Cooperazione, Casse Rurali Trentine e Coop Trentino Sait. Direzione parte artistica: ImpactHub Trentino.  

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